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QUANDO ARRIVA L’ETÀ DEI PERCHÉ e delle domandine scabrose... (Un quesito anche per i cacciatori.)



“Le Petit Prince ne renonçait jamais à une question,
une fois qu'il l'avait posée...” [Antoine de Saint Exupery]



Francesco ha quasi cinque anni ormai ed è un acuto osservatore.
È inevitabile, anzi, normale che, di fronte a situazioni apparentemente inspiegabili, si ponga e ci ponga domande, cui, come in questo caso, noi nonni, anche se carichi d’esperienza, non sappiamo dare risposte adeguate, che siano logiche e coerenti, in linea con il suo mondo di favole e cartoon, opportunamente selezionati dai genitori.

Generalmente non tergiversiamo. Cerchiamo di soddisfare la sua curiosità ed il suo bisogno d’indagare, con le risposte più semplici, naturali e dirette, senza mai falsare la realtà. Unica restrizione: adeguarci alla sua età, selezionando accuratamente le parole e limitandoci solo a quanto richiesto. Sarebbe inutile, e soprattutto prematuro, andare oltre la curiosità del momento: ogni cosa a suo tempo.

In queste delicate situazioni certo i suoi genitori sono gli interlocutori più adatti. Ma anche loro a volte si trovano impreparati.
Osservando le foto di famiglia, dove compare anche il nonno paterno, prematuramente scomparso, prima della nascita del nipote, Francesco chiese dove fosse ora.
“In cielo, con Gesù” gli fu risposto.
E lui, a distanza di qualche giorno: “Io non voglio andare in cielo!”
Per parecchie settimane quest’argomento fu spesso nei suoi pensieri e si percepiva la sua paura di fronte a qualcosa, che non capiva a fondo, ma che avvertiva come remota possibilità. Fu difficile anche per i genitori rassicurarlo ed, in questo, la presenza fra noi del bisnonno fu di valido aiuto per rassicurarlo su quanto tale evento potesse essere ancora lontano per lui.

Per fortuna la domanda rivolta a noi fu più semplice. Si discuteva, seguendo i notiziari, sul pericolo del diffondersi dell’influenza aviaria anche nei nostri Paesi, con le prossime migrazioni degli uccelli e sull’opportunità di bloccare l’apertura della caccia.
“Nonno, cos’è la caccia?”
Per comprendere la difficoltà incontrata nel trovare la risposta più idonea, bisogna considerare che il bambino è cresciuto nel massimo rispetto per ogni forma di vita: formiche, zanzare e ragnetti sono creature da rispettare. Meglio accompagnarle all’uscita, senza recare loro danno...
Come inserire il discorso della caccia in tale contesto?

Il nonno si arrampicò sugli specchi. Cominciò dai nostri lontani progenitori, che vivevano sugli alberi e poi nelle grotte e che cacciavano per sfamarsi, affrontando rischi e pericoli.
Portò ad esempio anche gli animali carnivori, per dimostrare come la caccia fosse un’esigenza prevista dalla natura.
Poi, colpito da improvvisa illuminazione, raccontò al nipotino di un suo vecchio zio, che, nella stagione giusta, era solito uscire la mattina presto, tutto bardato come si conviene, per andare a caccia di lepri e di uccelletti, accompagnato dal suo fedele cane. Ma tornava sempre a casa con il carniere pieno... di funghi!
Per pranzo: polenta e funghi, invece di polenta e osei e lepre in salmì.
Risate argentine ristabilirono un clima più sereno e Francesco, soddisfatto e divertito dall’insuccesso del suo parente cacciatore, ancora la racconta ai suoi amichetti.

Il nonno, sorvolò, con un sospiro di sollievo, sul fatto della caccia come divertimento o sport.
Ma la questione si ripresenterà, prima o poi e allora?

Mi piacerebbe avere qualche suggerimento su come esporre, nel caso, l’argomento.
Saranno particolarmente graditi gli interventi di chi pratica la caccia, come sport o come divertimento.

La caccia come necessità?
Ipotesi accettabile nel caso di popolazioni, che vivono ancora di caccia e pesca.

La caccia come sport?
Lo sport si basa su principi di lealtà e parità fra i contendenti.
Infatti fra uccelletti, tanto piccini, e cacciatori, armati di sofisticati fucili di precisione, mi pare ci sia proprio parità di... armi, o no?

Le lepri poi... sono pericolosissime!

Insomma, a voi la parola, cari cacciatori!


[07/09/2005]


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