Francesco ha quasi cinque anni ormai ed è
un acuto osservatore.
È inevitabile, anzi, normale che, di
fronte a situazioni apparentemente inspiegabili, si ponga e ci
ponga domande, cui, come in questo caso, noi nonni, anche se
carichi d’esperienza, non sappiamo dare risposte adeguate, che
siano logiche e coerenti, in linea con il suo mondo di favole
e cartoon, opportunamente selezionati dai
genitori.
Generalmente non tergiversiamo. Cerchiamo di
soddisfare la sua curiosità ed il suo bisogno d’indagare, con
le risposte più semplici, naturali e dirette, senza mai
falsare la realtà. Unica restrizione: adeguarci alla sua età,
selezionando accuratamente le parole e limitandoci solo a
quanto richiesto. Sarebbe inutile, e soprattutto prematuro,
andare oltre la curiosità del momento: ogni cosa a suo
tempo.
In queste delicate situazioni certo i suoi
genitori sono gli interlocutori più adatti. Ma anche loro a
volte si trovano impreparati.
Osservando le foto di
famiglia, dove compare anche il nonno paterno, prematuramente
scomparso, prima della nascita del nipote, Francesco chiese
dove fosse ora.
“In cielo, con Gesù” gli fu risposto.
E
lui, a distanza di qualche giorno: “Io non voglio andare in
cielo!”
Per parecchie settimane quest’argomento fu spesso
nei suoi pensieri e si percepiva la sua paura di fronte a
qualcosa, che non capiva a fondo, ma che avvertiva come remota
possibilità. Fu difficile anche per i genitori rassicurarlo
ed, in questo, la presenza fra noi del bisnonno fu di valido
aiuto per rassicurarlo su quanto tale evento potesse essere
ancora lontano per lui.
Per fortuna la domanda rivolta
a noi fu più semplice. Si discuteva, seguendo i notiziari, sul
pericolo del diffondersi dell’influenza aviaria anche nei
nostri Paesi, con le prossime migrazioni degli uccelli e
sull’opportunità di bloccare l’apertura della
caccia.
“Nonno, cos’è la caccia?”
Per comprendere la
difficoltà incontrata nel trovare la risposta più idonea,
bisogna considerare che il bambino è cresciuto nel massimo
rispetto per ogni forma di vita: formiche, zanzare e ragnetti
sono creature da rispettare. Meglio accompagnarle all’uscita,
senza recare loro danno...
Come inserire il discorso della
caccia in tale contesto?
Il nonno si arrampicò sugli
specchi. Cominciò dai nostri lontani progenitori, che vivevano
sugli alberi e poi nelle grotte e che cacciavano per sfamarsi,
affrontando rischi e pericoli.
Portò ad esempio anche gli
animali carnivori, per dimostrare come la caccia fosse
un’esigenza prevista dalla natura.
Poi, colpito da
improvvisa illuminazione, raccontò al nipotino di un suo
vecchio zio, che, nella stagione giusta, era solito uscire la
mattina presto, tutto bardato come si conviene, per andare a
caccia di lepri e di uccelletti, accompagnato dal suo fedele
cane. Ma tornava sempre a casa con il carniere pieno... di
funghi!
Per pranzo: polenta e funghi, invece di polenta e
osei e lepre in salmì.
Risate argentine ristabilirono un
clima più sereno e Francesco, soddisfatto e divertito
dall’insuccesso del suo parente cacciatore, ancora la racconta
ai suoi amichetti.
Il nonno, sorvolò, con un sospiro di
sollievo, sul fatto della caccia come divertimento o
sport.
Ma la questione si ripresenterà, prima o poi e
allora?
Mi piacerebbe avere qualche suggerimento su
come esporre, nel caso, l’argomento.
Saranno
particolarmente graditi gli interventi di chi pratica la
caccia, come sport o come divertimento.
La caccia come
necessità?
Ipotesi accettabile nel caso di popolazioni,
che vivono ancora di caccia e pesca.
La caccia come
sport?
Lo sport si basa su principi di lealtà e parità fra
i contendenti.
Infatti fra uccelletti, tanto piccini, e
cacciatori, armati di sofisticati fucili di precisione, mi
pare ci sia proprio parità di... armi, o no?
Le lepri
poi... sono pericolosissime!
Insomma, a voi la parola,
cari cacciatori!
[07/09/2005]
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