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        Il venerdì del borgo

Roncaccio - Bée [Vb] Foto by Vittorio O.




Ore diciotto e trenta, venerdì...


S’ode a destra il guaito di un cane.
A sinistra rispondono in cinque:
son due vecchi pastori tedeschi
e tre cuccioli, razza mezzana,
ridestati nel loro torpore
dal via vai che rianima il borgo.
Questo è il vespero del venerdì
che dà inizio ai riti festivi.

Case sparse nel verde sorridono
spalancando finestre e balconi
verso piccoli prati chiassosi
d’ombrelloni e gazebo ondeggianti.
E c’è pure chi chiede ristoro
proprio all’ultimo raggio del giorno
sulle sdraio distese di fretta
nei giardini celati da siepi.

Ai rintocchi del gran campanone
fanno eco i ritmati rimbalzi
del pallino sul tavolo verde,
da due pale maldestre conteso,
mentre cigolano alti gli agganci
delle funi di vecchie altalene.
Spiazzi e viali d’accesso fioriscon
di vetture di ogni colore.


Già si pensa al domani fumoso
di grigliate che mischiano aromi
sotto al naso dei soliti ignoti,
che da case tranquille -da sempre-
si contentan di un timido “Mah!”
E sarà maratona forzata
per smaltire la sbornia del caos
di giornate bruciate in città.

Ecco l’alba del sabato giunge
con il rombo della motosega
che nel verde apre vie sempre nuove
da cui l’occhio poi spazia lontano.
Si fa giorno su belle speranze
per chi ancora sbadiglia e s’attarda
a sognare un bel prato rasato,
e la vigna già carica d’oro.

C’è dovunque un grande fermento
rumorosa esplosione di vita.
Ma un paesano, scrutando le cime,
già sentenzia il suo orto innaffiato
dall’ennesimo estivo acquazzone.
Soddisfatto, riaccende la pipa,
sorridendo a quei tanti progetti
destinati a un rinvio sine die.


[15/08/2007]



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