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Il Giorno che divenni il Re Cinghiale!


     di Andrea Emiliani


Un giorno, molti anni fa, ero a caccia (sissignore, sono un cacciatore pentito, divenuto poi esclusivamente tiratore di piattello).
La Brughiera è bellissima, in autunno!
Conifere dal cupo e severo verde lasciano di colpo il posto a querce dai gialli più disparati che divengono bruni e si screziano in rossicci caldissimi.
La terra ancora gelata che sciaguatta mentre gli scarponi la calpestano è color ocra e gli uccellini cantano il loro risveglio nelle primissime ore dell’alba.
Sono qui perché oggi si deve consumare un rito.
Oggi si officia un’iniziazione in piena regola. Si sacrifica a Diana!

Il guardia, un toscano rude e rubizzo ma dai modi teneri di una mamma chioccia mi fa segno silenziosamente di sistemarmi accanto ad un tronco piuttosto grande e -quindi annoso- di una grande pianta dalle foglie smerlate ed ovaloidi come lo scudo colorato di un Masai.

Non ho i colori di guerra dipinti in faccia, ma oggi forse ucciderò qualcuno… Un Cervo!
Quella che mi è stata assegnata, una piccola radura aperta, è detta nel gergo venatorio “Posta”.
La Posta al Cervo, così si chiama lo strano rito da Grand Guignol che stiamo per perpetrare!

I cacciatori saranno forse una ventina, disposti a cerchio, più o meno, ma in maniera tale che chi fronteggia l’altro, resti a distanza di sicurezza, ovviamente.

Il guardia mi sussurra: “Oh, Signorino Andrea, questa gli è una gran bella posta, che gli avevo detto? Qui il Cervo gli ha da passà quasi per forza! Mi sa che lei oggi lo muore!”

Toscano di boscaglia, l’uomo è alto quanto me, con mani enormi e callose.
Porta in spalla un vecchio fucile “Franchi” automatico, che sembra incongruo in uomo come quello che meglio maneggerebbe uno spadone da guerra, o una micidiale balestra.

Ha il viso buono, gli occhi azzurri e un gran sorriso di quelli veri, che raccontano una vita intera spesa a far capire alla gente quanto legati alla Natura siamo, noi uomini, anche se lui gli animali li caccia, come facevano i suoi avi…

La sera prima (hai voglia a chiedergli di chiamarmi Andrea, quello insisteva con “Signorino Andrea” e non c’era verso… Antica dolcezza di un genere d’uomo che sta scomparendo.. il Gentiluomo!) mi aveva preso sotto la sua ala protettrice e mentre mio padre era con i suoi amici, tutta gente importante e assai conosciuta, io me ne stavo seduto al camino, con lui che mi raccontava (si chiamava Stefano) le antiche storie dei boschi.
Aveva in mano un bicchierozzo di rosso schietto e forte, dalle sfumature violacee che si riflettevano contro le fiamme danzanti.
Io pure bevevo (avevo forse appena compiuto i diciotto anni, ma ammetto che un buon bicchiere lo bevo sempre volentieri, se in gradevole compagnia e quella sera lo ero di sicuro!), ma lui aveva tracannato un po’ troppo ed era rosso come un papavero e in vena di raccontare al “Signorino” le sue avventure, che io trangugiavo come cibo, una linfa vitale che mi preparasse alla cerimonia dell’indomani.
Più che una cena di caccia, pareva (per me, almeno) una Veglia d’Arme e Stefano si era auto eletto a mio valente scudiero! Passarono in fretta le ore, di fronte a quel camino ribollente emozioni e alla fine tutti s’andò a letto.

La mattina prestissimo, era ancora buio, Stefano mi venne subito vicino per dirmi: “Signorino Andrea, le ho scelto io la posta! Gli è na gran posta, la vedrà, la vedrà!”

Infatti, quando arrivammo con la “Campagnola” al limitare del bosco per poi inoltrarci lungo il sentiero tutto ricoperto dal manto di un vivido e screziato giallo autunnale, non stavo più nella pelle!
Finalmente, eccoci arrivare nella radurina… Era un posto stupendo, e certo anche se non me lo avesse detto lui, lo avrei capito anche io che doveva essere una delle poste migliori. Il fatto gli era, come avrebbe detto Stefano, che lui aveva una certa autorità, all’interno della Riserva.
In Toscana si rispettano i guardia, che sono ascoltatissimi guru della Caccia. Neppure il famoso industriale proprietario di quell’incantata isola di bellezza avrebbe mai osato discutere una sua decisione in materia di battute venatorie!
La posta in questione, mi sussurrò Stefano, era famosa ed era stata riservata ad un certo Onorevole (di cui taccio ovviamente il nome), ma lui aveva deciso altrimenti, destinandola a me.
Stefano mi disse, prima di allontanarsi silenzioso come un gatto, che lui “sapeva” sempre dove il Cervo sarebbe passato, perché il fiero animale la notte glielo suggeriva in sogno.

So benissimo che raccontare cose simili sulla pagina virtuale di un pc, lascia il tempo che trova, ma io sono ancora convinto che davvero lui parlasse con gli animali, andassero questi o meno a trovarlo in sogno per dirgli dove sarebbero passati il giorno dopo!
Stefano gli animali li ammazzava, è vero, ma lo faceva con lo stesso spirito con cui forse li avrebbe morti, come diceva lui, un uomo delle caverne, o un grande Aristocratico rinascimentale… Con rispetto!
Difficile rendere questo concetto, che perfino a me sembra ridicolo, eppure era così! Lo avevo visto come raccoglieva “il Lepre” la mattina precedente… Leggiadro, rispettoso,delicatissimo, perfino dolente, come se tenesse tra le mani un cucciolo morto.. Non so descriverlo, ma bisognerebbe esserci stati per capire un poco la sua strana mentalità di antico Cacciatore!
Certo mi aveva raccontato con disgusto di quelle battute al Fagiano, in cui i battitori facevano frullar via tutti quei coloratissimi uccelli, per spedirli in bocca ai fucili di politici e giudici, e professionisti, ai piedi della collinetta, immobili ad aspettar fin troppo facili prede per placare la loro sete di comodo sangue… “O te, oh che gli è caccia, codesta? Codesta gli è la strage degli Innocenti, te lo dico io!” Insomma, era davvero particolare, il nostro Stefano!

Alla fine, lui se ne andò, raccomandandomi il massimo silenzio. Le poste, se tracciassimo una immaginaria linea orizzontale, sono relativamente vicine una all’altra.
Naturalmente uno non può vedere con gli occhi l’altro cacciatore, ma certo ne intuisce i movimenti, percepisce (chissà, si tratta forse di un antico retaggio di remotissime epoche?) il suo odore, l’afrore aspro del nervosismo, della paura, della rabbia o quel che è.
Il mio odore prevalente credo fosse emozione, senso di onnipotenza, attesa….

Il tempo scorreva con una lentezza caramellosa insopportabile… mi pareva fossero trascorse due ore, mentre magari era passato solo un quarto d’ora.
Tenevo in mano il fucile che letargicamente sembrava pesare ogni attimo di più. Era una splendida doppietta inglese a cani esterni. Un fucile costosissimo, regalatomi da mio padre.
Un’arma come quella, caricata com’era a palla unica e cava, era in grado di stendere per terra un cinghiale (sic!) persino in piena carica come se nulla fosse.
Le canne erano rifinite in un nero grigio molto bello e che evitava ai raggi del pallido sole sorgente di riflettersi sull’acciaio temperato, rivelando a qualunque Cervo con un minimo di buon senso che era meglio starsene alla larga, altroché andare a trovare Stefano in sogno per rivelargli il proprio itinerario!
Il ponte era tutto argentato e decorato con bellissime incisioni di soggetto venatorio. Un fucile di grande eleganza, venduto pochi anni dopo, tanto per il tiro al piattello avevo il mio meraviglioso e fidatissimo “sovrapposto” creato su misura per me (canne nickelate bianche, una cosa chicchissima!) dal grande armaiolo Fanfarillo in persona! Stava nelle mie mani come un segno di comando, di potere…Quanto si è sciocchi con in mano un fucile!

Finalmente, dopo circa un paio d’ore effettivamente trascorse, il sole fece capolino nella radura e, tra due betulle sottili come giavellotti, eccoti apparire un meraviglioso e grande Cervo, dal bellissimo ed imponente palco di corna!

Lo vidi come in sogno: un attimo prima non c’era ed ora eccolo là, davanti a me! Alzai subito, fluidamente, il fucile, riuscendo miracolosamente ad armare al contempo i cani, che reagirono con un silenziosissimo movimento all’indietro…
Il fucile era ora parte di me. Sapevo che il vero Cacciatore deve sentirsi così con l’arma, ma tirare ad un Fagiano in volo non ti fa sentire come davanti ad un ungulato. Lui era lì, io a pochi metri di distanza.. io ero il predatore, lui la preda.. Vivere o morire; pochi istanti e tutto si sarebbe deciso!

Mi venne, chissà perché, da pensare al cacciatore nella posta accanto.. ero sicurissimo che lui (la cosa ovviamente era assolutamente impossibile, in realtà, ma tant’è) mi potesse vedere.. Benissimo, avrebbe potuto testimoniare quanto ero stato bravo; di come avevo ucciso il Cervo con un sol colpo, accidenti! Per la miseria, ne avrebbero parlato per giorni, Santoddio!

Il cervo mi osservava, apparentemente per nulla impressionato dai ciechi occhi in parallelo da cui sarebbe scaturita la morte che lo avrebbe colto senza incertezze tra un attimo o due...
Lo guardavo negli occhi… Aveva grandi occhi scuri, come l’acciaio del mio fucile, ma quello era fermo puntato su di lui, mentre l’occhio del Cervo era mobilissimo.
Lo sguardo mansueto, le grandi corna, il pelo rossiccio… Un grande e splendido maschio.. Trofeo stupendo da appendere al muro… Ah, sarebbe stato contento Stefano, altroché!

Le canne scivolarono al di sotto della nobilissima testa, cercando la linea di tiro più giusta per colpirlo al cuore.. Volevo morisse senza soffrire, non credevo infatti che avrei resistito allo strazio di un’agonia e il coltellaccio che portavo al fianco.. bé, mica ero tanto sicuro che sarei riuscito ad usarlo, onestamente!

No, una bella palla nel cuore, l’acciaio che esplode, recidendo tessuti ed arterie… Forse (ma meglio di no, per carità!) un singulto, un bramito agonico e poi via, dal tassidermista!
Sì, così andava benone!... Arma locuta, causa finita!

Poi Stefano avrebbe fatto i salti di gioia (non fosse stato per la figuraccia con lui, avrei alzato il fucile e lasciato libero quel meraviglioso animale.. Vattene, scappa! Torna dalla tua famiglia! Non mi sei nemico, torna al tuo Bosco, nobile fantasma dal manto rosso!) e sarebbe accorso, per estrarre il cuore ferito, spappolato… Avrebbe intinto nel sangue un rametto di erica e me lo avrebbe spalmato sul viso e sul cuore, a dimostrazione che adesso anche io ero un Iniziato all’arte sacra a Diana!

Le dita scivolavano quasi sul primo grilletto… Ecco, la mira era perfetta e quello stupido Cervo se ne stava lì ad aspettare di morire, mannaggia a lui!
Ma perché non te ne vai, idiota? Fammi sbagliare il colpo, no?
Lo capisci che non posso mancarti, così? Vattene e diremo che sei scappato per un rumore, qualcosa… Se non te ne vai l’imbecille che sta alla posta accanto saprà che ti ho mancato apposta e mi farà fare una figura del cavolo!
Vattene, non posso fare a meno di ammazzarti, scemo dolcissimo di un Cervo!

L’acciaio si muove sotto alla pressione dell’indice.. lento, solenne, morbido.
Il meccanismo è preciso come quello di un orologio svizzero…
Booommmm!

Il Cervo non è scappato, mi guarda immobile per una frazione di secondo… Alza la testa, e mi osserva con intensità dolorosa…. Non tiro il secondo grilletto… Uno basta e avanza, ora lo so!
Il Cervo mi scruta indagatore ancora un attimo con quegli occhi saggi e buoni e poi…
Sparisce nel Bosco, come lo avevo incitato a fare per l’ultima volta un secondo prima di sparare in aria!
Gli sorrido, gli mando un saluto agitando il fucile… Sono felice!
Il Cacciatore che era in me muore in quel preciso istante!

Mi volto e… ecco Stefano che mi osserva! Non si era allontanato di molto, il guardia!
Non parla, ma ci scrutiamo come se dovessimo imbracciare i fucili e spararci vicendevolmente in una specie di duello in un immaginario OK Corral fiorentino.
Abbiamo tutti e due il fucile in mano e per un attimo credo davvero mi voglia sparare addosso!
Poi, si tira sulla spalla il vecchio automatico e si avvicina… Figura del cavolo!... Ecco di chi era la presenza che sentivo tanto vicina! Era lui, il guardia; altro che il cacciatore alla posta successiva!
Era rimasto nei pressi per osservarmi, il fetente! Capirai, ora tutto il mondo saprà che non sono “manco bono a morì un cervo”, come andrà dicendo a tutti.

Si avvicina, mi si mette di lato e guarda il punto dove fino a poco tempo prima se ne stava immobile il Cervo… Allora stende un braccio e mi cinge la spalla. Il tacito patto è siglato!
A quel punto, con la voce rotta dall’emozione gli faccio: “Ma hai visto? Mica si muoveva di pezza! E poi, per un attimo, dopo che ho sparato in aria, invece di scappare mi ha guardato!”
Allora Stefano mi strinse e mi disse:”Certo che sì! Lo sapevo, me l’ aveva detto in sogno che tu un gli avresti sparato, Andrea! E’ rimasto un attimo per dirti grazie, perché ora sei un animale del Bosco anche tu!”
Detto questo, mi lasciò e ci avviammo per il sentierino, alla volta della Campagnola in attesa.
Prima di andar via bevemmo ancora un bicchiere di quel rosso della sera prima, e lui volle brindare… “Alla salute del Signorino Andrea!”

Quella fu l’ultima volta che puntai un fucile contro un animale. Non avrei mai più potuto farlo… Sapete com’è: ormai era nato il Re Cinghiale!


[12/09/2004]



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